Dopo il caso dell’Università Cattolica Nostra Signora del Buon Consiglio, ateneo di diritto albanese ma che rilascia lauree congiunte con alcuni dei nostri atenei italiani, tra cui Tor Vergata, in Italia sorge un altro precedente con un ateneo rumeno.
Studiare medicina in un ateneo straniero
Nasce difatti ad Enna una facoltà di Medicina straniera, frutto dell’intesa tra la fondazione Proserpina e l’Università statale «Dunarea de Jos» di Galati: i due atenei venerdì hanno firmato una convenzione con la Regione che si impegna a dare sostegno logistico mettendo a disposizione strutture sanitarie per i tirocini e personale competente. Obbligatoria la conoscenza del rumeno per accedere ai due corsi «Medicina» e «Professioni sanitarie» e per seguire le lezioni: almeno in un primo momento i corsi si svolgeranno con professori madrelingua dell’ateneo di Galati.
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A fare un excursus sull’iniziativa che di certo cambierà ancora il volto della città è un membro di «Proserpina» Giuseppe Arena, docente universitario di Diritto privato: ”è stato un iter lungo e complesso quello che ha portato alla realizzazione della facoltà a Enna – spiega – iniziato con la nascita della fondazione tra il 2008 e il 2009. Prima di approdare in Romania – racconta – vi erano stati altri tentativi con Dublino prima e Lisbona dopo, ma i rapporti si erano interrotti soprattutto per l’intervento di atenei siciliani ostili alla nascita di questa realtà internazionale nell’entroterra siculo”.
E sulla nostra pagina Facebook impazza come ogni anno la domanda del secolo: è lecito transitare da una università estera a quella italiana in modo da bypassare il test di ingresso?
Il passaggio da un ateneo straniero ad un ateneo italiano
Abbiamo recentemente trattato il tema dei trasferimenti da un ateneo all’altro – ma Italia per Italia.
Per quanto riguarda il passaggio da un ateneo straniero ad un ateneo italiano, esso è lecito – ha risposto il Consiglio di Stato lo scorso inverno – ma l’ateneo è libero di regolamentare l’accesso degli studenti mediante, se non il test, perlomeno una verifica del percorso formativo avviato e tramite il riconoscimento dei periodi di studi svolti all’estero. Non consentire, infatti, il trasferimento da una università dell’U.E. a una italiana, agli studenti del secondo anno, sarebbe contrario al principio di libertà di circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati comunitari previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea: detto Trattato va applicato anche in un settore non irrilevante come quello dell’istruzione tenuto conto delle competenze attribuite all’Unione per il sostegno e completamento dell’azione degli Stati membri in materia di istruzione e formazione professionale.
Peraltro tra gli obiettivi dell’azione dell’Unione Europea vi è proprio quello di “favorire la mobilità degli studenti (…), promuovendo tra l’altro il riconoscimento accademico dei diplomi e dei periodi di studio”. Appare peraltro compatibile con la Comunità Europea lasciare all’autonomia dell’università il riconoscimento dei periodi di studio svolti all’estero (e dunque anche quelli non sfociati in un “titolo” ivi conseguito), tenendo conto del dato sostanziale costituito dalla completezza, esaustività, corrispondenza dei corsi da accreditare con gli omologhi corsi nazionali. In questo modo si evita anche una discriminazione fra studenti universitari provenienti da università italiane (che comunque hanno a suo tempo superato la prova di ammissione) e studenti universitari provenienti da università straniere (che non hanno mai superato alcun test o comunque ne hanno superato uno più facile).
Fonte: Giornale di Sicilia + La legge per tutti
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