Trasferimenti dalle università straniere: il punto sulla situazione

Università ubicate all’interno dell’Unione Europea

Ad oggi circa quarantaquattromila studenti si recano all’estero a causa del numero chiuso.

I trasferimenti in rientro dalle Università estere sono piuttosto complicati in quanto gli atenei italiani sono restii a concedere il nulla osta al trasferimento, soprattutto per i corsi ad accesso programmato. Difatti, in questa ipotesi, gli atenei richiedono sempre il superamento del test di ammissione presso la propria università, pena il rifiuto al trasferimento. In merito a tale procedura, però, numerosi Tribunali Amministrativi Regionali hanno accolto i ricorsi presentati da studenti che si erano visti respinti i trasferimenti in entrata giudicando il comportamento dell’Università non legittimo. Requisito essenziale rimane ovviamente la presenza di posti disponibili ai fini dei trasferimenti, regolarmente banditi dall’Università stessa.

Numerose in tal merito sono state le sentenze dei Tar a favore di ragazzi – anche utenti del nostro forum – che rivolgendosi agli avvocati Michele Bonetti e Santi Delia hanno ottenuto il trasferimento da Università estere presso Università italiane con la convalida degli esami sostenuti.
A seguire spiegheremo il punto di vista dell’Avv. Bonetti.

I certificati degli esami sostenuti e/o altri certificati rilasciati da scuole/università estere devono essere tradotti in italiano dall’ambasciata di riferimento.

I trasferimenti da paesi extra UE presso le Università italiane sono soggetti a regole molto ferree e complesse. La procedura è più o meno sempre quella riportata sopra. I consigli di facoltà però sono più severi nel giudicare i trasferimenti in ingresso e molto spesso la richiesta di trasferimento viene respinta. Gli esami sono difficilmente convalidabili per mancanza di uniformità.

Come scrivevamo, molti studenti richiedono di rientrare in Italia ad anni successivi al primo, ma sul punto la giurisprudenza non è univoca. Molti T.A.R. accolgono, diversamente il Consiglio di Stato in sede giudiziaria rigetta anche dopo che gli studenti si sono immatricolati o hanno studiato per anni e anni.

L’avv. Bonetti, intenzionato a spiegare un formale intervento alla prossima Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sostiene che non vi sia ragione per negare la concessione del trasferimento e che sia assolutamente illogico ed inconferente (rispetto alla richiesta di trasferimento ad anni successivi) subordinare il vaglio dell’istanza di trasferimento al “superamento” (con collocazione in posizione utile, si intende) del test di ammissione nazionale per l’ammissione al I anno, requisito che non poche Università richiedono come obbligo nei casi di trasferimento da altro Ateneo.

Non esiste, infatti, una fonte legislativa che onera gli studenti provenienti da Atenei esteri a sostenere il test di ammissione. Manca, del resto, una regolamentazione che neghi espressamente il trasferimento. Dunque, se un ricorrente richiede di rientrare da uno Stato ad accesso programmato (quale ad es. la Francia) ad un altro Stato sempre ad accesso programmato (come l’Italia), stante la presenza di un posto resosi vacante e non richiedibile da nessuno, non vi dovrebbero essere problemi di sorta dal punto di vista giuridico.

Nei ricorsi al TAR, lo studio dell’avv. Binetti riporta spesso l’esempio, paradossale ma in realtà intervenuto, del ricorrente che richiede di trasferirsi dalla Sorbona (una delle più rinomate istituzioni accademiche d’Europa) al quarto anno ed al quale, dopo anni e anni di conoscenze specialistiche, è richiesto di sottoporsi ad un test d’ingresso sulle conoscenze ormai dimenticate del liceo (consulta il catalogo Editest per la preparazione ai test di accesso)

Sul punto, giova evidenziare che L’art. 4, comma 2 bis, L. 17 agosto 2005 n. 168 sancisce, a suo avviso, l’intangibilità, a qualunque livello ed in qualsiasi sede, del titolo conseguito, anche quando le prove scritte ed orali delle procedure selettive siano state effettuate (e, naturalmente, superate) a seguito di una misura cautelare, ossia di una “sospensiva”.

L’ammissione al corso di laurea a numero chiuso, d’altra parte, non equivale affatto alla “certezza” di ottenere il “titolo” di laurea in questione: l’accesso è inerente solo al I° anno ed il superamento degli esami previsti in tale piano di studi, specie se in perfetta regola con i tempi accademici dettati dall’Ateneo e con ottime votazioni, rappresenta quelle prove scritte e orali cui fa riferimento la legge.

Per questo e altri motivi, nonostante l’orientamento sfavorevole del Consiglio di Stato, l’avv. Bonetti ha ritenuto di impugnare la sentenza di primo grado e con ordinanza depositata l’8 ottobre u.s. il Consiglio di Stato ha accolto, difatti, l’istanza cautelare del ricorrente.

Nell’accogliere l’istanza cautelare, il C.d.s. ha menzionato proprio la prossima Adunanza Plenaria dove vi potrebbe essere un epocale cambio di rotta che, unitamente ai ricorsi del test, potrebbe far sgretolare il muro del numero chiuso, accompagnandosi nel frattempo ad una riforma con un primo anno con semestre aperto a tutti in grado di evitare critiche e sperequazioni tra chi ha fatto ricorso e non.

fonte: le voce del diritto avv. Michele Bonetti