Il XVII Rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati registra timidi segnali di ripresa del mercato del lavoro. Le speranze per un 2015 più roseo non cancellano i pesanti effetti della recessione sui giovani, anche se laureati, che hanno pagato e pagheranno in futuro il prezzo più elevato della crisi.
Il Rapporto 2015 ha coinvolto quasi 490 mila laureati di 65 università italiane, delle 72 ad oggi aderenti al Consorzio. Si tratta di oltre 240 mila laureati di primo livello, oltre 180 mila laureati magistrali e oltre 57 mila magistrali a ciclo unico degli anni 2013, 2011 e 2009, intervistati rispettivamente a uno, tre e cinque anni.
La partecipazione degli intervistati è stata molto elevata: i tassi di risposta hanno raggiunto l’84% per l’indagine ad un anno, il 77% per quella a tre e il 71% a cinque anni.
L’intera documentazione, disaggregata per Ateneo e per corso di laurea, è a disposizione a questo link: rapporto alma laurea 2015.
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Eppure la laurea è ancora una garanzia contro la disoccupazione
La documentazione relativa alla disoccupazione per età e titolo di studio conferma che, sebbene nella fase di ingresso al mercato del lavoro tutti i giovani italiani, laureati inclusi, incontrino difficoltà maggiori che in altri paesi, resta vero che la laurea continua a rappresentare un forte investimento contro la disoccupazione. I laureati godono di vantaggi occupazionali rispetto ai diplomati sia nell’arco della vita lavorativa sia, e ancor più, nelle fasi congiunturali negative come quella che stiamo vivendo. Se prescindiamo dai lavoratori con la scuola dell’obbligo, i più colpiti dalla crisi, il tasso di disoccupazione a cavallo della recessione, ovvero tra il 2007 e il 2014, è cresciuto di 8,2 punti per i neolaureati (ovvero di età compresa tra i 25-34 anni), passando dal 9,5 al 17,7%, e di ben 16,9 punti per i neodiplomati (di età compresa tra 18 e i 29 anni), aumentando dal 13,1 al 30%. Ne deriva che, nel medesimo periodo, il differenziale tra il tasso di disoccupazione dei neolaureati e dei neodiplomati è passato da 3,6 a 12,3 punti percentuali, a conferma delle migliori opportunità lavorative dei primi rispetto ai secondi.
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I risultati del XVII rapporto
Il XVII Rapporto AlmaLaurea testimonia quei timidi segnali di inversione di tendenza che fanno sperare in un 2015 più roseo. La lettura dei principali indicatori esaminati, che offre un’analisi comparata delle ultime sette generazioni di laureati, se da un lato, infatti, conferma le difficoltà riscontrate sul mercato del lavoro nel corso di questi anni, dall’altro evidenza nel 2014 timidi segnali di ripresa del mercato del lavoro, accompagnati da una lieve contrazione del tasso di disoccupazione, soprattutto per i laureati triennali e per i magistrali biennali. Segnali che, come confermato dai dati Eurostat, interessano anche la quota di occupati nelle professioni ad elevata specializzazione (professioni, tipicamente, positivamente correlate all’attività di investimento, di innovazione e di nternazionalizzazione delle imprese), passata dal 16,9% del 2012 al 17,4% del 2013, con un distacco che, tuttavia, resta di circa sette punti percentuali rispetto alla media europea (pari al 24,2%).
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GLI ESITI OCCUPAZIONALI A UN ANNO DAL TITOLO
L’Indagine mostra una sostanziale tenuta del tasso di occupazione ad un anno dal titolo. Nello specifico il Rapporto permette di indagare la condizione occupazionale di:
1) Laureati triennali: considerato l’alto tasso di prosecuzione degli studi (il 54% continua con la laurea magistrale) e tenendo conto, più opportunamente, solo di quanti non risultano iscritti ad un altro corso di laurea, emerge che il tasso di occupazione è pari al 66%.
2) Laureati magistrali biennali: il tasso di occupazione è pari al 70%.
3) Laureati magistrali a ciclo unico (ovvero i laureati in architettura, farmacia, giurisprudenza, medicina, veterinaria): il tasso di occupazione è pari al 49%. Si tratta di una realtà molto particolare, caratterizzata da un’elevata prosecuzione degli studi con formazione non retribuita propedeutica all’avvio delle carriere libero professionali (ad esempio, praticantati, specializzazioni, tirocini).
Stabilità del lavoro e guadagno a dodici mesi dal titolo
La stabilità (lavoro autonomo effettivo o dipendente a tempo indeterminato) risulta leggermente in calo per i laureati triennali e magistrali (rispettivamente di 2 e 1 punto percentuale rispetto alla precedente rilevazione). Discorso a parte anche in questo caso riguarda i laureati a ciclo unico: la quota di occupati stabili aumenta infatti di oltre 2 punti percentuali rispetto alla precedente indagine. Il lavoro stabile è quindi pari, a un anno, al 39% tra i triennali, al 34% tra i magistrali e al 38% tra i laureati a ciclo unico.
Rispetto all’indagine 2008, tuttavia, la stabilità lavorativa ha subito una significativa contrazione Le retribuzioni ad un anno risultano in lieve aumento e superano, seppure di poco, i 1.000 euro netti mensili: 1.013 per il primo livello, 1.065 per i magistrali, 1.024 per i magistrali a ciclo unico.
Rispetto alla precedente rilevazione, le retribuzioni reali risultano in aumento: l’incremento è del 5% tra i colleghi a ciclo unico, del 2% tra i magistrali e non raggiunge l’1% tra i triennali. E’ però vero che, tra il 2008 e il 2014, le retribuzioni reali sono diminuite del 22% per i laureati triennali, del 18 e 17%, rispettivamente, per i laureati magistrali biennali e a ciclo unico.
TENDENZE DEL MERCATO DEL LAVORO A CINQUE ANNI DAL TITOLO
Sebbene col trascorrere del tempo dal conseguimento del titolo le performance occupazionali migliorino considerevolmente, è opportuno tenere presente che i momenti di criticità vissuti negli ultimi anni dai neo-laureati si sono inevitabilmente riversati anche sui laureati di più lunga data.
A cinque anni, l’occupazione, indipendentemente dal tipo di laurea, è prossima al 90%, anche se risulta in calo rispetto alla precedente rilevazione: nel dettaglio, per i laureati triennali e per i laureati magistrali è pari all’86%, rispettivamente in calo di oltre due e un punto percentuale rispetto all’indagine condotta l’anno prima; per i magistrali a ciclo unico è l’87%, in calo di tre punti percentuali.
A riprova che la laurea rappresenta una garanzia di occupazione, soprattutto nei momenti di difficoltà e in un mercato del lavoro come quello italiano – che si caratterizza per tempi lunghi di inserimento professionale e di valorizzazione delle competenze – è sufficiente prendere in esame l’evoluzione degli esiti occupazionali nell’intervallo tra uno e cinque anni dal titolo.
Dall’Indagine emerge infatti che i laureati magistrali del 2009 mostrano un incremento del tasso di occupazione di 12 punti percentuali (dal 74 all’86%); la disoccupazione, d’altra parte, di fatto si dimezza (dal 18 al 9%). Per i colleghi a ciclo unico, il miglioramento delle performance occupazionali è ancora più apprezzabile: l’occupazione cresce di oltre 21 punti percentuali (dal 65 all’87%), e la disoccupazione si riduce di oltre la metà (dal 16 al 7%).
Stabilità del lavoro e guadagno
Nel lungo periodo cresce anche la stabilità del lavoro (contratti a tempo indeterminato o attività autonome vere e proprie): a cinque anni riguarda oltre il 73% dei laureati triennali e quasi il 78% dei magistrali a ciclo unico (era il 78% per entrambi i collettivi nella rilevazione precedente) e il 70% tra i magistrali biennali (era il 73% lo scorso anno).
Il guadagno, tra uno e cinque anni dal conseguimento del titolo, registra un generale miglioramento. Le retribuzioni nette mensili si attestano attorno ai 1.300 euro mensili (con forti disparità per livello e percorso di studio, genere, ripartizione territoriale). Per i triennali e i magistrali il guadagno è in media di circa 1.350 euro; è di meno di 1.300 euro tra i colleghi a ciclo unico.
Nel lungo periodo l’occupazione cresce per tutti i gruppi disciplinari …
Tra uno e cinque anni dal titolo si registra un miglioramento del tasso di occupazione per tutti i gruppi disciplinari indagati. Focalizzando l’attenzione sui soli laureati magistrali biennali emerge che l’occupazione è significativamente superiore alla media, a cinque anni dalla laurea, per i laureati delle professioni sanitarie (97%) e di ingegneria (95%); seguono i gruppi chimicofarmaceutico e economico-statistico (90%). Al di sotto della media si posizionano i laureati dei gruppi insegnamento (80%), geo-biologico (79%), giuridico (77%) e letterario (75%).
… ma permango differenze di genere e territoriali
A soffrire maggiormente degli effetti negativi delle crisi che, come si è detto, si sono inevitabilmente riversati anche sui laureati di più lunga data, sono soprattutto le fasce storicamente più deboli del mercato del lavoro: donne e residenti al Sud.
Se si prendono in esame i soli laureati magistrali biennali, emerge infatti che a cinque anni dal conseguimento del titolo le differenze di genere sono significative e pari a 7 punti percentuali: lavorano 78 donne e 85 uomini su cento.
Differenze significative di genere si rilevano anche dal punto di vista retributivo, che risultano pari al 21% a favore dei maschi: isolando quanti lavorano a tempo pieno e hanno iniziato l’attuale lavoro dopo la laurea, la retribuzione è pari a 1.597 euro per gli uomini, contro 1.316 euro delle colleghe. Un’analisi approfondita, che ha tenuto conto del complesso delle variabili che possono avere un effetto sui differenziali retributivi di genere (percorso di studio, età media alla laurea, voto di laurea, formazione post-laurea, prosecuzione del lavoro precedente alla laurea, tipologia dell’attività lavorativa, area di lavoro, tempo pieno/parziale), mostra che, a parità di condizioni, a cinque anni dalla laurea gli uomini guadagnano in media 167 euro netti mensili in più delle loro colleghe.