Altro che primina per guadagnare un anno all’università! 17 studenti su cento si iscrivono all’università dopo i 30 anni, il 37% si è immatricolato con più di dieci anni di ritardo rispetto all’età canonica e tra gli iscritti “regolari” l’età media dei laureati è di 28 anni.
Insomma, l’università italiana ne riserva sempre delle belle. Stando al XVI Rapporto del consorzio Almalaurea sui laureati nel 2013, i neo universitari «adulti» sono passati dall’11% al 17% nel giro di una decina di anni, dal 2001 ad oggi. Il ritardo si avverte soprattutto nelle Professioni sanitarie: circa il 37% si è immatricolato all’università una decina d’anni più tardi rispetto all’età regolare.
Gli universitari “maturi” sono più bravi dei colleghi più piccoli. Nel 60 per cento dei casi si tratta pure di studenti lavoratori. Di questi, una quota consistente proviene dal ricco Nord-est: nel 2013 il 48% dei laureati ha svolto un’attività lavorativa coerente con i propri studi, soprattutto nell’ambito dell’insegnamento e del sociale. La ricerca condotta da Almalaurea svela anche che il 74% dei laureati di primo livello, il 69% di quelli magistrali e il 54% di quelli a ciclo unico sono i primi, nella famiglia di provenienza, a raggiungere l’agognato titolo, malgrado sempre più spesso questa tipologia di laureati provenga da famiglie di origini umili.
Inutile dire che nel confronto col resto d’Europa ne usciamo con le ossa rotte: dal 2003 al 2012 c’è stato un crollo di immatricolazioni costante. Oggi solo 3 diciannovenni su 10 si immatricolano all’università, e 16 immatricolati su 100 abbandonano nel corso del primo anno di studi. Il numero di laureati in Italia tocca i bassifondi della classifica, ai livelli di Repubblica ceca e Turchia: il 21%, contro il 39% del mondo industrializzato rappresentato dai Paesi dell’Ocse. La possibilità di raggiungere il traguardo fissato dalla Commissione Ue (40% di laureati nella popolazione di 30-34 anni entro il 2020) diventa sempre più remota.
Altra nota dolente è l’età media dei laureati, oggi di 25,5 anni per quelli di primo livello, 26,8 per i magistrali a ciclo unico e 27,8 per i magistrali biennali. Su cento laureati, terminano l’università in corso 41 laureati triennali, 34 laureati a ciclo unico e 52 magistrali. Chi fa meglio? Ovviamente tutti i laureati dei corsi professionalizzanti: tra quelli di primo livello, concludono il percorso di studi nei tre anni previsti 67 laureati delle Professioni sanitarie su cento, mentre all’estremo opposto solo 24 laureati su cento del gruppo giuridico e 31 su cento di quello geo-biologico ce la fanno a restare in corso.
Buoni, però, i voti medi di laurea: 102,4 su 110 nel 2013, anche se poi cambia molto in base all’ambito disciplinare e la durata del corso. Le donne si confermano più brillanti rispetto agli uomini: si laurea in corso il 45% di esse contro il 40% degli uomini, e con un voto medio generalmente più alto (103,3 contro 101). La metà dei laureati è disposta a lavorare fuori, soprattutto se ha studiato Lingue (60%), Ingegneria e Architettura (51%).