In Italia ci si laurea in pochi. Sicuramente meno che in Romania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Portogallo, che in 10 anni ci hanno nettamente superato. I dati del Cineca, il consorzio di università italiane che tiene la contabilità degli studenti, sono spietati: dal 2012 al 2013 ci sono stati 18mila laureati triennali in meno (il 10%) e circa 34mila complessivi (l’11,5%), con un calo vertiginoso tra le donne. Il risultato è che oggi siamo in coda alla classifica delle 28 nazioni dell’Unione Europea per numero di laureati, con appena il 22,4% di giovani che centrano l’obiettivo del titolo.
Il dato spaventa, certo, ancor di più se consideriamo il dissesto economico che attanaglia l’Italia e il mondo intero. Un’Italia che è al minimo storico dal 2002 quanto a numero di giovani laureati, con una distanza dal resto dell’Europa di 10,4 punti. E a poco è servita l’impennata di orgoglio del 2013 che ha fatto salire il divario di 14,4 punti, segno che l’Italia cammina mentre le altre nazioni corrono.
L’area più colpita è quella sanitaria, Medicina compresa, che accusa un calo del 16% sulle lauree brevi e del 13% sul totale. L’area che risente in misura minore della flessione, invece, è quella scientifica, con una riduzione dell’8%. Tra i 18mila che non raggiungono il fantomatico “pezzo di carta”, le donne sono 12mila (parliamo delle lauree brevi). Un dato decisamente in controtendenza, considerato che da anni è sempre stato il gentil sesso a laurearsi in misura maggiore.
Le cancellerie europee chiedono agli Stati membri di incrementare la quota di cittadini in possesso della laurea quale strumento fondamentale per risollevarsi – e risollevarci – dalla crisi. L’Italia, però, annaspa. In appena 12 mesi, secondo i calcoli del Cineca, ci sono stati quasi 18mila laureati triennali in meno e circa 34mila laureati complessivi (triennali, magistrali e a ciclo unico) in meno. Rispetto al resto d’Europa, rischiamo sul serio di non centrare l’obiettivo della cosiddetta strategia Europa 2020, che punta a trasformare quella europea nella “economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”.
Il punto è che in Italia la percentuale dei 30/34enni laureati è al di sotto degli standard europei. Nel Regono Unito, per esempio, i 30/34enni in possesso della laurea sono il 47,1%; in Francia il 44%, oltre 20 punti in più rispetto a noi. In Germania siamo al 33,1%, un punto in più rispetto all’anno precedente. L’Italia procede a rilento: appena 0,7 punti in più in un anno. E in futuro, considerato il crollo degli immatricolati degli ultimi anni, il solco con gli altri Stati europei potrebbe diventare ancor più netto se, in qualche modo, il Governo non decida di correre ai ripari. Magari abolendo il numero chiuso….