E’ già da qualche tempo che se ne parla: un test di ammissione anche per iscriversi al liceo!
La proposta è diventata realtà, ad esempio, presso il convitto nazionale di Roma e l’Altiero Spinelli di Torino; nel sito del convitto si legge “Gli studenti che intendono iscriversi alle classi prime dei licei interni al Convitto dovranno sostenere dei test per la rilevazione dei livelli di competenza conseguiti, quali mezzi oggettivi di valutazione aggiuntivi ai parametri previsti nei criteri di iscrizione” nonchè “Il test, comune per tutti gli indirizzi liceali, è costituito da una triplice batteria di quesiti a risposta chiusa distinti per area disciplinare: area Linguistica (Italiano 20 quesiti, Inglese 10 quesiti + Francese 10 quesiti) e Area scientifica (20 quesiti in totale tra Matematica e Scienze)”.
Anche presso l’Altiero Spinelli sono presenti sul sito in bella mostra le modalità per l’iscrizione, soggetta a dei test di ingresso, sia per le scuole medie che per le superiori; in particolare per il liceo le prove vertono su quiz di italiano, matematica, inglese, e una seconda lingua straniera a scelta tra francese o tedesco. Si specifica che “Le prime tre discipline avranno nella valutazione complessiva un peso del 30%, mentre – in considerazione del fatto che non tutti gli alunni hanno studiato francese o tedesco alla scuola media – alla seconda lingua sarà attribuito solamente un peso del 10%”.
La notizia ha fatto inorridire Daniele Lanni, portavoce nazionale della Rete degli Studenti Medi, il quale, già nemico giurato del numero chiuso universitario, è pronto a far ricorso in qualsiasi caso vengano utilizzati dei test d’ingresso per l’accesso alle scuole superiori. Il principio al quale la Rete si riferisce è quello del libero accesso alla scuola. Secondo Lanni “La scuola dell’obbligo dovrebbe accrescere le competenze di ognuno e non valutarle all’accesso senza lasciare secondi appelli”.
La Rete degli Studenti Medi teme che in questo modo si possano creare delle scuola di serie A delle scuole di serie B, e dichiara l’incostituzionalità di queste iniziative, contrarie al sacro diritto allo studio.
In effetti leggere di test di ammissione a ragazzi di 13 anni riporta un po’ indietro nel tempo, quando erano le scuole medie a stabilire se gli alunni erano adatti al liceo (e quindi poi all’università) o ad un istituto tecnico (e quindi poi diretti al mondo del lavoro), stroncando così eventuali sogni di gloria di ragazzini che già si immaginavano scienziati.
Tuttavia, ripensandoci, anche io, nel non lontanissimo 1989, ho sostenuto un colloquio/test di ingresso alla mia scuola (ho frequentato un liceo linguistico) per essere ammessa, anche se le mie prove erano principalmente attitudinali e non di sbarramento e, sempre ripensandoci, a memoria non ricordo di nessuno che non sia stato ammesso. Eppure all’epoca questa cosa non destava eccessivo scalpore, anzi: nella mia classe delle medie era un via vai di studenti che, al terzo anno, si assentavano per sostenere prove per l’anno successivo, con estrema ansia da parte di noi compagnetti di classe che non vedevamo l’ora di essere i protagonisti dell’esamino!
Ma tornando ai giorni nostri, in cui il numero chiuso non va proprio giù a nessuno studente, forse è il caso anche di stare a sentire le ragioni di chi lo impone; da un punto di vista universitario, gli studenti sono coscienti che, studiando medicina, odontoiatria o una professione sanitaria, hanno “il posto di lavoro assicurato”, che in questo periodo non mi sembra cosa da poco… ebbene, il posto assicurato arriva proprio perchè c’è il test di ingresso, alla cui ammissione passa appunto il numero necessario di figure professionali che, si suppone, necessiterà l’Italia da lì a 3/5 anni.
Per quanto riguarda le superiori, per quanto possa sembrare discriminatorio il test di ingresso, bisogna pur rendere conto alle motivazioni di presidi e vicari, che non omettono di sottolineare sempre nei siti scolastici che “nell’ultimo quadriennio scolastico le domande di iscrizione alle classi prime dei Licei interni sono esponenzialmente aumentate di numero e, malgrado l’attivazione di nuove sezioni che hanno affiancato quelle già esistenti e l’istituzione di tre nuovi percorsi liceali, la capacità di accoglimento delle domande risulta, comunque, assai inferiore a quello delle domande pervenute in Segreteria”, oppure che “Gli spazi e i locali destinati al nostro istituto sono limitati. Le classi che possono essere avviate ogni anno non possono superare il numero di aule disponibili. Negli anni passati la richiesta di iscrizioni è sempre stata più elevata rispetto disponibilità di posti, per cui la Direzione della scuola è stata costretta a introdurre un test di ingresso, sia per la scuola media che per il liceo. Scopo della prova di ingresso è non solo determinare una graduatoria per l’ammissione, ma anche fornire uno strumento utile alla commissione preposta alla formazione classi”.
A nessuno piace che il proprio figlio stia in una classe di 40 ragazzi, o che non possa fare ginnastica o musica perchè non ci sono aule o strumenti sufficienti.
Piuttosto che combattere il numero chiuso, allora, forse sarebbe il caso di chiedere allo Stato più scuole o più fondi per la scuola, per permettere a tutti un’adeguata educazione ed istruzione. Dopotutto, se scoppia un incendio in una scuola e si scopre che la stessa era sovraffollata, in caso di disgrazia la responsabilità civile e penale è del Dirigente Scolastico; personalmente non me la sentirei di assumermi questo ulteriore rischio e anche io, nei panni di un Dirigente che riceva il doppio di richieste rispetto alla reale capienza della mia scuola, metterei uno strumento di selezione.
Piuttosto, mi lascia da pensare quella frase sibillina al termine della comunicazione dell’Altiero Spinelli, che indica il test di ingresso come “strumento utile alla commissione preposta alla formazione classi”… esisteranno allora classi di serie A e di serie B? Perchè allora non protestare anche contro questa forma di discriminazione, da sempre esistente nelle scuole italiane?