Politecnico di Milano: dal prossimo anno accademico 29 corsi magistrali su 39 saranno in inglese. L’Ateneo la spunta sul Tar e dà una bella spinta al processo di internalizzazione tanto caro ai vertici universitari, a cominciare dai ministri dell’Istruzione, prima con Maria Chiara Carrozza e poi con l’attuale inquilino di viale Trastevere, Stefania Giannini. E se siete ambiziosi e volete un valore aggiunto alla vostra laurea, non sottovalutate l’importanza di questa notizia.
Ottenere il 100% dei corsi in inglese. Era questo l’obiettivo di Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano, prima che 150 professori del suo Ateneo facessero ricorso – vincendolo – contro il provvedimento (approvato nel 2012 dal Senato accademico) che prevedeva l’inglese come unica lingua delle lauree di secondo livello e dei dottorati di ricerca, ma a partire dal 2014. E invece, aggirando le disposizioni del tribunale amministrativo, già dal prossimo anno accademico l’offerta delle specialistiche in lingua straniera supererà abbondantemente l’80 per cento.
Per carità, nulla contra legem! Semplicemente sono state annullate le delibere del Senato Accademico che prevedevano un’imposizione “dall’alto” della lingua da usare, dando la possibilità ai singoli corsi di studio di esprimere autonomamente la volontà di passare all’inglese, come del resto era di fatto già accaduto un anno fa. Al Senato è toccato solo prendere atto delle proposte e approvarle in via ufficiale. “Abbiamo rispettato la sentenza del Tar e non abbiamo dato indicazioni vincolanti — ha spiegato il rettore Giovanni Azzone a Repubblica.it —, anche se la nostra idea iniziale era diversa, perché avevamo previsto che dal prossimo anno accademico il cento per cento dei corsi potesse essere in lingua straniera. Il nostro scopo, infatti, era di avere classi internazionali, ovvero con molti studenti stranieri, e come strumento per attirarli avevamo scelto l’inglese”.
Fatto sta che i corsi di laurea specialistica completamente in inglese sono passati da 17 a 29 (di cui 8 sono anche in italiano) e soltanto cinque corsi di secondo livello sono rimasti esclusivamente in italiano, tra cui Ingegneria della sicurezza nell’industria di processo, Architettura delle costruzioni, Design del prodotto per l’innovazione, Design navale e nautico, Design della comunicazione.
La vicenda, però, potrebbe non concludersi qui, perché il Consiglio di Stato non si è ancora pronunciato. In seguito alla sentenza del Tar che aveva definito le scelte dell’ateneo “sproporzionate perché comprimono le libertà, costituzionalmente riconosciute, di docenti e studenti”, il Politecnico aveva immediatamente presentato ricorso. I giudici amministrativi di secondo grado hanno rinviato la decisione a novembre chiedendo all’Ateneo milanese ulteriori chiarimenti su quali siano i corsi già in inglese. La soluzione a tutti i problemi, auspicata anche dal Tar, sarebbe quella di offrire tutti i corsi in doppia lingua, cosa che però è impossibile visto che il raddoppio dei corsi avrebbe un costo eccessivo.