Una pesante eredità: è giusto che i figli facciano lo stesso mestiere dei genitori?

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Ci sono momenti nella vita, in cui è quasi automatico fare dei bilanci. Per qualsiasi genitore il momento della scelta universitaria e professionale del figlio, rappresenta uno di questi momenti.

Un figlio che sceglie, è un figlio che sta per diventare grande, che ha compiuto 18 anni, che presto sarà un adulto socialmente individuabile. Questa consapevolezza, malgrado sia apparentemente positiva, nasconde anche un nodo problematico importante.

Non è solo il figlio a diventare grande, poiché il genitore effettua, parallelamente, un passaggio determinante nella propria vita, che lo porta a rendersi consapevole di come adesso, questo figlio, necessiti di un confronto adulto, per diventare a sua volta un adulto. Sembra semplice ma non lo è. La maggior parte dei genitori vive momenti di angoscia al pensiero che il figlio non abbia più bisogno di lui, che possa andarsene, prendere la propria strada.

Ecco perché, nel momento della scelta, egli effettua una sorta di bilancio del proprio operato genitoriale e gli tornano inevitabilmente alla memoria i passaggi di crescita del proprio figlio. C’è un bellissimo film che mi piace sempre ricordare e che ogni genitore avrà certamente visto: Il tempo delle mele.

Una scena indimenticabile, tra tutte, è quella  della  madre della non più piccola Vic (Sophie Marceau) che, osservandola, capisce per la prima volta che è diventata grande e rivede la figlia in tutte le sue fasi, da piccolissima a quasi donna. Se proviamo noi a fare la stessa cosa,  potremo stupirci di come, tornando indietro, riporteremo alla memoria come pensavamo al futuro di nostro figlio appena nato.

È davvero curioso e a suo modo divertente, sentire i commenti che si scambiano i genitori e tutti i vari parenti, di fronte ad un neonato che ancora non ha compreso di trovarsi fuori dall’utero. “Da grande farà il medico, sicuramente, ha lo sguardo intelligente” e più avanti quando comincia a giocare con i lego “costruisce benissimo, lo vedi, farà l’ingegnere”. Ogni genitore ha il suo personale sogno nel cassetto e il figlio ne è il depositario, lo eredita, pertanto, insieme al patrimonio genetico.

Il codice paterno: “Tutto suo padre”

Una volta accadeva che un figlio ereditasse il posto di lavoro fisso del padre, magari in banca, alle poste, come impiegato dell’Enel. Il meccanismo era semplice. Un genitore andava in pensione e lasciava il suo posto al figlio che, volente o nolente, andava a sostituire i padre sul luogo di lavoro. Non era concepibile in questi casi domandarsi se il lavoro piacesse o meno, perché, semplicemente, non era un’occasione da lasciarsi sfuggire.

Oggi che il posto fisso non esiste più, il problema è ancora più difficile da risolvere. I genitori spesso si convincono di poter lasciare in eredità il proprio mestiere e che questo sia per i figli un privilegio. Un padre avvocato tende a convincere il figlio a scegliere giurisprudenza, un padre medico farà la stessa cosa per medicina, indirizzando il figlio ad intraprendere la sua stessa specializzazione.

Il genitore, convinto della bontà del proprio ragionamento, non si domanda nemmeno se al figlio piaccia quel lavoro, non è concepibile porsi dubbi. I figli invece, di dubbi a volte ne maturano parecchi. Spesso non amano ciò che fa il genitore, prediligendo una professione diversa, un percorso di studi diametralmente opposto.

Come orientatrice mi capita spesso di vedere addirittura ai raduni per l’orientamento, i genitori che cercano informazioni al posto dei figli. Un ragazzo che non vede la sua possibilità di scelta infatti, non si impegna nemmeno nella fase di ricerca delle informazioni.

Helicopter parents: so io quel che è meglio per te

Quelli descritti in modo ancora approssimativo sono i genitori-elicottero e sono ormai in aumento. Il termine Helicopter parenting viene utilizzato da decenni nei paesi anglofoni, ma in Italia abbiamo certamente un primato in questo senso.

Un genitore-elicottero è un genitore iperprotettivo, iper-presente, che sceglie al posto del figlio, che si sostituisce a lui nei momenti in cui dovrebbe spronarlo ad assumersi una responsabilità. I motivi per cui un genitore assume questo ruolo saturante sono diversi. Per lo più ha l’ansia che il figlio non sappia scegliere, che possa commettere un errore perché lo vede ancora “piccolo”. Talora scambia la rassegnazione del figlio e l’apatia nel momento della scelta come segno della sua “timidezza”.

I figli, quando hanno genitori che hanno scelto sempre per loro, semplicemente si rassegnano. Non si sentono ascoltati, si sentono direzionati e non vedono una possibilità di uscire fuori dal labirinto in cu si sentono immersi. Alcuni non vedono neanche la possibilità di poter esprimere i propri dubbi e avviare una dimensione dialettica con i propri genitori.

Spesso accade che i genitori non diano un messaggio diretto della loro “scelta”. In questi casi tuttavia il figlio “sa” ciò che il genitore sottende. Un genitore che dice ad esempio “io ho detto che può fare quello che vuole, io ho lavorato una vita per costruire quello che ho adesso, ma se lui vuole lasciare tutto va bene, basta che sia felice”, lascia certamente dubbi circa la veridicità dell’asserzione iniziale.

Il genitore che desidera a tutti  costi che il figlio faccia il proprio mestiere vive di una proiezione pericolosa per se e per il figlio. Pensare che basti avere costruito una base lavorativa per poter fare in modo che il figlio possa essere un buon professionista è un falso clamoroso. Se è facile che un ragazzo mediamente intelligente studi e si laurei in una qualunque facoltà, non è altrettanto facile che insieme allo studio medico erediti anche la capacità di essere medico.

Quella della passione per la professione è un’eredità di cuore. Non basta studiare, bisogna avere passione e la giusta inclinazione per poter affrontare il ruolo professionale che poi andrà sostenuto. Per questo motivo non si può dire che sia giusto o sbagliato scegliere il mestiere del genitore.

Ci sono ragazzi che amano quello che vedono fare al proprio genitore ed effettuano pertanto una scelta consapevole dettata da una vera vocazione. Chi non sceglie partendo da se stesso, ma lo fa per rendere felice i propri genitori, per non deluderli, per non dargli un dispiacere, non sarà mai un adulo realizzato e un buon professionista.

La staffetta

Secondo un sondaggio certificato da Linkedin, solo il 48% delle famiglie lascia ai propri figli la facoltà di scelta di un futuro professionale. In Germania la percentuale sale al 70%, mentre secondo il Sole 24 ore, in Brasile e in Cina il modello del genitore che telecomanda il figlio verso le scelte professionali, incide sul 73% dei casi.

Questo ci fa capire che non siamo i soli nel panorama mondiale ad attuare questa modalità relazionale. Il genitore che non lascia spazio di scelta è spaventato, terrorizzato dal futuro, dall’incertezza, dalla possibilità che il figlio possa sbagliare e rimanere senza possibilità lavorativa.

L’idea è quella di accompagnarlo fino a vederlo nel pieno della sua realizzazione, anche se poi spesso accade che non riesca a lasciare il testimone. Immaginatevi una gara di staffetta e nel momento cruciale un atleta che non lascia la bacchetta all’altro. Questo è solo uno dei problemi di un figlio che sceglie il lavoro paterno.

Altro problema è rappresentato dall’inevitabile confronto che è connaturato in questo tipo di scelta genitoriale. Il ragazzo che subisce la scelta paterna, non si sentirà mai all’altezza e non riuscirà a “raggiungere” il genitore, che continuerà a rappresentare per lui un “limite” alla propria realizzazione.

Se poi il genitore insite affinché il figlio scelga la sua stessa strada perché è economicamente vantaggiosa, si comporterà come l’uomo d’affari del “Piccolo Principe” che passava il tempo a convincersi di possedere le stelle del cielo, contandole e ricontandole.

La felicità data dall’idea del benessere economico, ammesso che il giovane sappia lavorare mantenendo un adeguato livello di professionalità, non può mai essere appagante a lungo termine. Prima o poi subentrerà un senso di vuoto, che determinerà una condizione esistenziale di infelicità.

Figlio d’arte

Da ciò che viene riportato in questo articolo è facile declinare l’identikit di un genitore-elicottero, anche perché la sua vocazione non si esprime solo nel momento della scelta universitaria del figlio.

Questo modello genitoriale si esprime in continue azioni salvifiche a vantaggio (presunto) di un figlio sempre incapace di scegliere, prima perché è piccolo, poi perché ancora non è abbastanza grande o perché non è capace da solo o perché è ritenuto irresponsabile, incapace di avere i piedi per terra.

Chi non si riconosce il questa descrizione dopo aver letto l’articolo può invece dormire sonni tranquilli. Il proprio figlio, se ha scelto la professione paterna in modo indipendente da condizionamenti, forse è semplicemente un “figlio d’arte”, un ragazzo che ha maturato la consapevolezza di avere in sé il talento e le possibilità di seguire una strada segnata dal proprio genitore, a cui egli guarda come ad un modello, ma non come al modello assoluto.

Questi giovani sono caratterizzati da un grado di consapevolezza estremamente elevato e tecnicamente “sanno” di voler fare quel lavoro, non lo scelgono. Lo “sanno” vuol dire che lo sentono nel profondo dell’anima, sono consapevoli che è la loro strada, come lo è stata per i propri genitori. Come si evince facilmente quindi, sia il genitore che il figlio, in questo caso, sono ben diversi dalla descrizione precedente.

Un genitore che vede il proprio figlio dirigersi verso un percorso simile o identico al suo, è anche consapevole che data la distanza generazionale e gli inevitabili cambiamenti, un figlio sarà altro da suo padre e desidererà, in cuor suo, che lo superi in bravura e raggiunga altri traguardi.
Quello che lascia in eredità è quindi non la professione ma la passione e un esempio di come sia importante la dedizione al lavoro, che vale più dello studio avviato.

Per approfondire
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Un pensiero su “Una pesante eredità: è giusto che i figli facciano lo stesso mestiere dei genitori?

  1. Elvi dice:

    Arrivati a trent’anni è molto difficile sfuggire al proprio padre elicottero che, seppur con tutte le buone intenzioni del mondo, tuttavia ha già enormemente influenzato la vita della propria figlia in modo tale da renderla insicura circa il proprio futuro e la propria realizzazione lavorativa e personale. Avvocato, figlia di avvocato. Nulla, tuttavia, è impossibile, perciò mie Le chiedo: quale potrebbe essere la soluzione ?

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