Quando si parla di orientamento alla scelta del corso di studi, spesso raccomandiamo di analizzare i numerosi fattori intrinseci inerenti la propria personalità, cioè gli interessi, le attitudini, le motivazioni e le proprie aspettative; ovviamente si tratta di fattori che influenzano l’orientamento da un punto di vista psicoattitudinale, e sull’importanza dei quali siamo fermamente convinti ai fini di una buona riuscita del corso di studi e del successo verso l’acquisizione del titolo di laurea.
In questo periodo di crisi, tuttavia, pare che gli studenti si stiano orientando verso una scelta del corso di studi più razionale e finalizzata all’occupazione, laddove addirittura non preferiscano ricercare un lavoro subito dopo il diploma, rinunciando all’università.
Negli ultimi cinque anni si sono registrate 38.340 immatricolazioni in meno, pari a una flessione del 12,5%, più evidente nel Mezzogiorno, dove 24mila ragazzi hanno rinunciato a rincorrere la laurea. Considerando solo Sud e Isole le iscrizioni sono diminuite del 20%, mentre al Nord si parla di cifre più contenute, nell’ordine del 5%. La maglia nera spetta alla Sardegna (-23%) mentre limitano i danni Lombardia (-2,8%), Veneto ed Emilia Romagna (entrambe a – 4% circa).
A sostegno di quanto scritto, cambia pure la scelta della facoltà, orientata sempre di più verso quelle che offrono, almeno sulla carta, maggiori sbocchi lavorativi. Prova ne è la tenuta delle facoltà scientifiche, con appena 142 immatricolati in meno (-0,2%) per un totale di 94mila iscritti, e il quasi sorpasso sull’area sociale che sebbene abbia richiamato 96mila matricole ha subito una perdita del 20%, pari a 25mila studenti. Non va molto meglio per le materie umanistiche (-11,9%) e sanitarie (-18,7%).
Nel dettaglio è cresciuto in modo esponenziale l’appeal della facoltà di scienze agrarie, forestali e alimentari (+45%), seguita da scienze e tecnologie fisiche (+25%) e da ingegneria industriale (+19%). Nella classifica ai primi posti troviamo una facoltà umanistica, quella di lingue e culture moderne che vede un picco di iscritti (+16%) ma è solo un’eccezione, perché il segno positivo lo troviamo di nuovo in ambito scientifico con tecnologie chimiche (+10%) e ingegneria dell’informazione (+8%).
“È evidente che le facoltà che hanno visto crescere il numero di immatricolati in questo periodo di crisi sono quelle più orientate al mercato del lavoro e dell’impresa privata soprattutto – spiegano gli esperti di Datagiovani – ancora meglio se di tipo industriale e con lo sguardo verso l’estero, da cui la tenuta della facoltà di lingue. Non è un caso che siano materie come architettura e ingegneria edile (-37%) e farmacia (-34%) a riscuotere meno successo, competenze che troverebbero applicazione in settori economici oggi in sofferenza o dove l’accesso alla professione è particolarmente difficile”.
fonte: la repubblica 17/08/2013