Aumentano le immatricolazioni e i laureati, ma gli abbandoni sono ancora troppi; i laureati a ciclo unico conseguono risultati migliori di quelli triennali; i centri di eccellenza sono numerosi, ma resta il divario tra Nord e Sud del Belpaese: questa è la fotografia scattata dall’Angezia Naizonale di Valutazione, Anvur, nel Rapporto 2013 sullo stato del sistema universitario e della ricerca da cui emerge un’Italia universitaria che, malgrado gli sforzi, stenta a tenere il passo dell’Europa.
Negli ultimi dieci anni statisticamente rilevati (1993-2012), stando all’Anvur, tra i giovani di 25-34 anni il numero di laureati si è triplicato, passando dal 7,1% al 22,3% e dimostrando così che l’università è diventata accessibile e possibile per larghi strati della popolazione. Tuttavia, il divario col resto dell’Europa è ancora significativo: la media Ue, infatti, è pari al 35%, con Regno Unito, Francia e Spagna che ci surclassano con medie rispettivamente di 45, 42 e 39 laureati ogni 100 abitanti. A onor del vero, bisogna dire che parte della differenza con i principali Paesi europei deriva dal fatto che in Italia, patria incontrastata della formazione “teorica”, non esistono corsi a carattere professionalizzante, che sono invece molto diffusi nel Vecchio Continente.
Sono i tassi di abbandono, però, la vera spina nel fianco. In Europa 70 matricole su 100 arrivano alla laurea, da noi ce la fanno solo in 55. Gli abbandoni sono drammatici soprattutto all’inizio della carriera universitaria: oltre il 15% degli studenti lascia dopo il primo anno, e quasi un terzo riduce comunque al minimo la sua attività. A completare il quadro si aggiunge la scarsa capacità dei nostri atenei di attrarre studenti “maturi” (gli immatricolati con almeno 25 anni di età sono infatti appena l’8% del totale, contro un valore medio del 17%), presumibilmente già impegnati in qualche attività lavorativa.
3+2? No, grazie. L’indagine Anvur conferma che in molti casi la carriera dei laureati si conclude con la laurea triennale. Solo la metà degli studenti (il 55% per l’esattezza) passa dalla triennale alla magistrale, soprattutto se provenienti dalle università del Mezzogiorno (60,3%), forse anche per le minori opportunità occupazionali dopo la laurea di primo livello. A proseguire gli studi sono soprattutto i laureati triennali nelle aree delle Scienze biologiche, delle Scienze della terra e dell’Ingegneria industriale e dell’informazione; più contenuti i passaggi per le aree delle Scienze politiche e sociali e delle Scienze chimiche. La conclusione è che gli iscritti ai corsi a ciclo unico (Medicina, Architettura, Farmacia, ecc.) raggiungono risultati migliori. Non a caso il tempo medio per il conseguimento del titolo nei corsi triennali (dove si concentra la grande maggioranza dei laureati) è pari a 5,1 anni, circa il 70% in più rispetto alla durata legale del corso, mentre il ritardo per le lauree a ciclo unico (della durata di 6 anni) è minore, 7,4 anni in media.
In particolare, i corsi ad accesso programmato come quelli in Medicina, dove opera un processo di selezione in ingresso, presentano ovviamente gli indicatori migliori in tutto il percorso degli studi: gli studenti di area medica hanno bassi tassi di abbandono, un’elevata quota di laureati regolari e un minor numero di iscritti fuori corso. Lo stesso non si può dire per gli studenti di Sociologia e di Scienze politiche, dove i tre indicatori appena citati sono all’opposto: più elevati i tassi di abbandono, più elevate le quote di iscritti fuoricorso e una quota di laureati in corso più bassa della media.
Nelle scelte delle matricole, scendono (-4%) i corsi di laurea in Lettere e Filosofia; cali più contenuti si registrano per Sociologia, Giurisprudenza e Scienza della formazione. Incrementi percentuali si conteggiano per Medicina, Scienze matematiche e fisiche, Ingegneria. Quanto alla distribuzione geografica, crolla il Sud nelle immatricolazioni (-30%) e si assiste all’emigrazione di studenti verso gli atenei del Centro (soprattutto) e del Nord-Est. Infine, il dossier rivela che c’è un rapporto stretto tra il buon voto alla maturità e il portare a termine il ciclo di laurea e che la laurea è soprattutto “donna”, oramai il 59% del totale.
Per concludere, i dati nazionali evidenziano una realtà disomogenea tra varie parti del Paese: quelli relativi al Sud, e in alcuni casi al Centro-sud, sono quasi tutti meno positivi di quelli del Nord e della media nazionale. Ogni anno, così, un quarto di tutti gli studenti del Mezzogiorno e delle isole che decide di andare all’università sceglie una sede al di fuori dell’area geografica di origine, un’emorragia di talenti che un paese avanzato non può permettersi.
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