Motivare allo studio: vademecum per genitori in 10 punti

[vc_row][vc_column][vc_column_text]“Il ragazzo ha buone capacità, ma può fare di più… è demotivato, lo vedo distratto”. Questa è la tipica frase che un genitore vorrebbe non sentirsi dire mai e che invece sente dire fin troppo spesso, quasi fosse una sorta di slogan ormai sdoganato.

Quando un genitore, in una qualunque situazione di confronto con i docenti, si sente dire queste cose, viene catapultato in un viaggio nel tempo, in cui si rivede egli stesso allievo, con le interrogazioni da preparare, lo studio da organizzare, i tempi da rispettare e l’ansia, che sale ad una velocità incontrollata.

Sebbene non felici del rimando del docente, siamo pur sempre genitori e ci sentiamo richiamati ad adempiere al nostro ruolo, per cui cerchiamo di trovare strategie per fare in modo che nostro figlio dia di più”.

Preoccupati che non riesca a portare a casa i suoi successi formativi, diventiamo allora degli attenti controllori, che cercano di scoprire cosa c’è che non va nel suo modo di studiare, se sta troppo al cellulare, se si distrae, se fa finta di studiare ed invece è intento ad altre e più divertenti occupazioni.

Il clima allora diventa quello della guerra, con minacce e ricatti, uscite interrotte, feste proibite, tensione costante. Questa fotografia, volutamente esasperata, di ciò che può accadere in una famiglia quando si affronta il tema della motivazione allo studio, rende però abbastanza adeguatamente la natura delle dinamiche tra genitori e figli in termini di studio.

Motivare allo studio: 10 consigli utili per aiutare i genitori a stare vicino ai propri figli

Ecco allora un piccolo vademecum per aiutare i genitori a stare vicino ai propri figli e comprendere cosa c’è dietro questa apparente demotivazione.

  • Non “puoi fare di più”, ma “dai il meglio di te”:  i ragazzi spesso sono inconsapevoli delle proprie capacità e delle proprie potenzialità. Tuttavia un atteggiamento genitoriale improntato all’incoraggiamento e alla consapevolezza che il figlio studierà con tutto l’impegno possibile, genererà nel figlio una forma di responsabilizzazione che creerà i presupposti di uno studio più attento. Viceversa, il dubbio costante circa il suo impegno, farà sentire il ragazzo pressato ed esasperato, spesso incompreso nei suoi sforzi, che sembrano non bastare mai e non essere notati né dai genitori né dai docenti.
  • L’erba del vicino è sempre più verde…: il figlio della vostra amica ha preso otto in scienze, la figlia del vostro vicino ha preso nove in matematica e l’amica del cuore di vostra figlia 10 in latino, l’amico che studia in ingegneria ha preso trenta al primo esame. Non è necessario elencare i successi di tutti i vostri conoscenti per motivare vostro figlio. Questo tipo di confronto porta solo risultati negativi. Un ragazzo che si vede elencare quanto bravi sono gli altri deduce solo quanto fallimentare sia il proprio impegno e quanto negativi siano i propri risultati, anche se ha ottenuto un buon voto. Ogni situazione è unica, ogni interrogazione o esame è un’esperienza che risente di diverse variabili, sia personali che contestuali.
  • Abolire il fallimento: prendere un voto negativo non significa fallire. L’interrogazione che non è andata bene, un esame non superato, attestano solo che la preparazione nel momento di verifica, non era sufficientemente adeguata. Quello che invece accade spesso è che di fronte ad una esperienza negativa, l’atteggiamento del genitore rimarchi quanti e quali errori abbiano generato il fallimento. lo studente pertanto si sente fallito in prima persona e non riesce a comprendere che si tratta sono di un momento di difficoltà che può essere superato. Inoltre spesso i ragazzi sentono di aver deluso le aspettative dei genitori e, anche se manifestano un atteggiamento di apparente mancanza di interesse verso i loro rimandi,  risentono fortemente di ciò che credono essi si aspettano.
  • Legittimare l’impegno: l’impegno è una componente fondamentale nello studio, come nella vita. Un genitore dovrebbe sempre valorizzare l’impegno dei figli nei confronti dello studio, indipendentemente anche dal risultato. Se ad esempio un’interrogazione o un esame è stato mediamente positivo, è importante comunque valorizzare l’impegno profuso.
  • No alla guerra: minacce, punizioni, creano opposizione e rifiuto da parte dei ragazzi. Instaurare questa forma di dialogo rispetto ad argomenti che interessano la scuola, genera dinamiche di dipendenza e tensione. Per i ragazzi studiare richiede impegno e non di rado genera anche ansia. Creare un ambiente sereno, in cui vostro figlio possa trovare la giusta concentrazione, favorirà in cui maggiore capacità di rimanere nel compito. Niente ronde per vedere se studia, almeno non in maniera così esplicita da sfondare la porta chiusa, poiché in tal modo ciò che vostro figlio registrerà è il dubbio costante che vi portate dietro sul suo impegno.
  • Rimescoliamo le carte in tavola: a volte la demotivazione nasconde solo la difficoltà di esprimere il disagio che nasce dall’aver compreso di aver sbagliato scelta. Un ragazzo che non riesce in nessuna materia a maturare successi, uno studente universitario che non riesce a dare un esame, spesso sono solo lo specchio di una scelta non idonea. È difficile tuttavia ammetterlo a se stessi e soprattutto agli altri. Ancora più difficile dirlo ai genitori, che potrebbero viverlo come un proprio fallimento e un sogno infranto. È importante invece dare la possibilità di ridefinirsi, poiché nulla è più importante che studiare argomenti che interessano. Stare in un contesto che senti non adeguato è come vestire un abito di tre taglie più piccolo. Ascoltate i vostri figli e concepite come possibili i cambiamenti in tal senso.
  • In gruppo è meglio: agevolare lo studio in gruppo è una delle migliori strategie per incrementare i livelli motivazionali. Il confronto con gli altri genera la necessità e la voglia di impegnarsi.
  • Autonomia: l’autonomia, cioè il saper fare da soli, è sempre buona compagna della responsabilità. Un ragazzo che tuttavia non è stato educato all’autonomia e alla responsabilità, non può imparare in una sola notte a sapersi autogestire. Il genitore dovrebbe essere sufficientemente attento a questo aspetto e fare in modo che venga appreso per fasi e a passaggi graduali. Se così non è, vostro figlio si sentirà improvvisamente catapultato ad affrontare un compito troppo grande e per cui non si sente preparato o, più semplicemente, riterrà naturale che qualcuno si prenda carico delle sue difficoltà e le risolva. L’autonomia è una conquista preziosa, che va sperimentata in diversi ambiti. Ricordate che lo studio è solo uno dei contesti di ricaduta di ciò che vostro figlio/a apprende in altri ambiti di vita.
  • Non tutto è demotivazione: un ragazzo che ha un risultato negativo o che manifesta difficoltà nello studio, viene etichettato con facilità come un soggetto demotivato. Possiamo però provare a fare un esercizio cognitivo e immaginare che possa esserci qualche altra motivazione che spiega queste difficoltà e che, non necessariamente, sia imputabile alla demotivazione. A volte i ragazzi non comprendono ciò che crea difficoltà. Può essere la mancanza di un buon metodo di studio, può trattarsi di una difficoltà di comprensione di ciò che richiede il docente, può invece essere insorta una dinamica d’ansia che non è facile superare da soli. Tutto ciò non c’entra con la demotivazione ma è invece sintomatico di un momento di difficoltà. È importante che il genitore si renda disponibile ad accogliere le difficoltà de proprio figlio senza giudicare, ma attuando un ascolto empatico che favorisca una forma di alleanza “contro l’errore”.
  • Questione di metodo: come fai a studiare con quella radio accesa… ma non ripeti? “- “Non ti sento ripetere dalla cucina…” “sei stato troppo veloce nel leggere la lezione”. I genitori hanno un particolare vocazione al controllo ma spesso lo fanno assumendo un atteggiamento autoreferenziale. Ogni ragazzo matura, nel corso dei sui anni di studio, un proprio metodo per approcciare gli apprendimenti. C’è chi non può fare a meno di ripetere ad alta voce, chi fa mappe concettuali, chi sottolinea il testo, chi semplicemente legge.

Trovare il proprio metodo non è impresa facile, poiché questo non è quasi mai un aspetto che viene insegnato. Ogni ragazzo tuttavia conosce sufficientemente bene se stesso per sapere se può trarre giovamento da un certo modo di studiare. Il genitore, che può aver avuto un metodo personale diverso, si ferma all’apparenza e valuta talvolta negativamente le strategie del figlio, magari senza aver appurato che invece siano per lui efficaci.

Per approfondire il tema consigliamo i manuali della nostra collana “Percorsi

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