Limitare l’accesso a medicina per garantire lavoro e formazione

Arriva un allarme inquietante dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri- Fnomceo. Dopo una complessa analisi la stessa Federazione considera che, pur nel totale rispetto delle diverse esigenze, ridurre il numero di accessi in medicina rappresenti un segnale importante, in attesa di una revisione dei criteri della programmazione del fabbisogno dei professionisti medici da formare più aderente alle esigenze dell’intera popolazione: “Ci sembrano assolutamente in linea con questa posizione le dichiarazioni di qualche settimana fa del Presidente del CUN, prof.Andrea Lenzi, secondo cui 7000 accessi sarebbero sufficienti a soddisfare il futuro fabbisogno di medici, evitando di riprodurre una nuova pletora medica come quella creatasi negli anni antecedenti all’introduzione del numero programmato”.

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La valutazione sembra fondarsi sulle analisi di alcuni dati certi. Il primo sembra che il tasso di successo degli immatricolati stimato all’80-85% nei prossimi anni, produrrà 8000/8500 laureandi. A queste nuove leve, che inevitabilmente cercheranno un lavoro, il numero diventa ancora più grande in quanto hanno stimato che al numero di accessi programmati in questi anni per i cdl in medicina vanno inoltre aggiunti gli ulteriori 9.000 posti resi disponibili (non abbiamo in realtà dati certi su quanti di questi si sono poi realmente immatricolati) a seguito dei ricorsi degli studenti (1.500 studenti riammessi per l’a.a. 2013/2014 per la nota vicenda del bonus maturità e i circa 7.500 studenti riammessi per l’a.a. 2014/2015 per i ricorsi al TAR).

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Necessità di limitare a 6500 accessi i corsi di laurea in medicina e chirurgia

ammissione medicina 12000 quiz editestL’analisi della Fnomeco, indica una quota oltre al quale non conviene accettare altri accessi ai corsi di laurea e lo valuta facendo un ragionamento meramente di possibilità lavorative. Infatti spiega che il completamento del percorso formativo post laurea rappresenta l’unica opportunità per poter accedere al mondo lavorativo nell’ambito del SSN, e sottolinea che già esiste un gap tra il numero di laureati/anno in medicina e i posti disponibili per le scuole di specializzazioni mediche ed i posti in mg che complessivamente ammontano a circa 6.000/6.500. Nel concorso del 2014/2015 per le specializzazioni mediche il numero di concorrenti è stato di 12.168 a fronte di un numero di posti disponibili pari a 5.504. Oltre 6600 neolaureati non sono stati ammessi (probabilmente alcuni erano già in possesso di altra specializzazione e tentavano il concorso per la 2°, il che rappresenta un ulteriore dato preoccupante sulla situazione occupazionale dei giovani medici). A questo dato se ne aggiunge un altro: le 9848 domande che nel 2014 ci sono state in 19 regioni (mancano i dati relativi all’Emilia-Romagna) per il concorso al cfs in mg a fronte dei circa complessivi 900 posti disponibili (anche in questo caso è probabile che abbiano partecipato alcuni medici che hanno successivamente concorso alle specializzazioni ).

Un’analisi sconvolgente, che mostra come la crisi ha toccato ogni settore. La Fcomeco aggiunge che a confronto il numero dei futuri laureati in medicina per anno con i posti disponibili per le specializzazioni mediche e il cfs in mg, con le attuali disposizioni legislative, circa 2000/2500 laureati in medicina per ogni anno futuro non avranno opportunità di completare il percorso formativo post laurea e si può ipotizzare che nei prossimi 10 anni ci sarà una popolazione di circa 25.000 medici che non avranno possibilità di sbocchi occupazionali nel SSN. A questi numeri che già destano grandi preoccupazioni per i futuri giovani laureati in medicina si aggiungono i dati sulla situazione occupazionale dei giovani medici compresi nella fascia d’età 25-39 anni, dove già è presente un area di disoccupazione/sottoccupazione/precariato che interessa un certo numero di specialisti.

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Amara constatazione

Il dato finale è che un gran numero (circa 1000 l’anno) di giovani laureati in medicina e di specialisti decide di emigrare abbandonando il nostro paese che pur aveva investito importanti risorse per la loro formazione.

 

Fonte L’osservatored’Italia del 27 giugno

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