Circa 500 ieri i candidati per i test di ammissione ai 72 posti riservati ai corsi in lingua inglese del San Raffaele. Le prove si sono svolte in tre città: Milano, ore 12.00; New York, ore 8.00 e Kuala Lampur, ore 17.00.
La consistente affluenza di iscritti a questo test dà prova di un processo di anglificazione dell’università italiana che, già da qualche anno vede diversi atenei convertire una parte della propria offerta formativa all’uso della lingua inglese.
Il Politecnico di Milano ha recentemente annunciato che dal 2014, «l’intera offerta formativa magistrale», vale a dire biennio finale e dottorati, sarà erogata in lingua inglese. In altre parole dopo il triennio di base non ci sarà più il «doppio binario» dei corsi nelle due lingue ma solo nell’inglese. Docenti e studenti hanno due anni di tempo per prepararsi, poi chi si iscriverà all’ateneo milanese saprà a che cosa va incontro.
In realtà chi studia al Politecnico sa che si tratta solo dell’accelerata finale di un processo di internazionalizzazione iniziato da qualche anno e fortemente voluto dal rettore Giovanni Azzone come «contributo alla crescita del Paese». «L’Italia può crescere solo se attrae intelligenze, visto che non può contare sulle materie prime», sostiene il rettore, che quindi si pone come obiettivo quello di «formare capitale umano di qualità in un contesto internazionale per rispondere sia alle esigenze delle imprese sia a quelle degli studenti che vogliono essere “spendibili” sul mercato del lavoro mondiale» (f: La Stampa, 12/04/2012).
L’ internazionalizzazione dell’ università italiana è , dunque, una realtà, come dimostrano anche le migliaia di accordi tra gli atenei italiani e quelli stranieri, e d’ altronde la scelta di incrementare i corsi in inglese è coerente con la vocazione globale che caratterizza il mondo universitario fin dalle sue origini.
Il motivo di questa scelta sarebbe duplice: attrarre studenti stranieri di qualità interessati al nostro Paese ma che fino a pochi anni fa ancora dovevano fare i conti con la barriera linguistica; e attrezzare gli studenti italiani – soprattutto quelli che non avrebbero la possibilità di studiare all’estero – a lavorare (magari anche per aziende italiane) nel mondo.
Sono sempre di più corsi di laurea tenuti completamente in inglese in Italia negli ultimi anni accademici ; circa un quarto di essi in discipline economiche, secondo i dati del Cun. Un numero in crescita, nonostante la tendenza generale a ridurli (-9% negli ultimi due anni).
Il corso di laurea interfacolta’ in Medicina e chirurgia in lingua inglese dell’Università La Sapienza di Roma ha dato, negli ultimi anni, ottimi risultati in termini di iscrizioni accogliendo migliaia di studenti da tutte le parti del mondo.
L’Università di Bologna, nell’ambito del cdl in Economia offre il percorso denominato Business and Economics – CLABE ; alcune magistrali in ingegneria quali il Civil Engineering (Columbia University -USA) oppure l’Electronics and Communication Science and Technology – ECST
La Bocconi nel 2001 ha introdotto la prima laurea in International economics and management e ora ha la stessa media di stranieri del Regno Unito.
Un ruolo importante è giocato anche dalle manifestazioni, che si tengono in giro per il mondo, dirette a presentare le offerte formative agli studenti dei vari paesi. L’ Università Tor Vergata , ad esempio, ha avviato da tempo diverse campagne promozionali in altri paesi, ed in particolare in Cina, India e Turchia. I risultati si vedono, dato che gli studenti extracomunitari iscritti ai corsi in inglese del secondo ateneo romano sono notevolmente aumentati.