Inchiesta: come convivono i vincitori del concorso 2014 e i ricorsisti della Sapienza?

Nell’ultimo anno abbiamo potuto assistere a numerosi cambiamenti e avvenimenti diversi dal solito.

La prima cosa che ci viene in mente, probabilmente, sono le due grandi riforme per l’accesso ai corsi di laurea a numero chiuso – medicina, odontoiatria, veterinaria, architettura – e per le scuole di specializzazione dell’area medica, entrambi dipendenti da un unico ed identico test a livello nazionale con un’unica graduatoria nazionale.

Il fine ultimo di entrambe le riforme è quello di eliminare il più possibile le raccomandazioni, gli aiuti, specie per quanto concerne le scuole di specializzazione, e le disparità di trattamento.

Per l’accesso al corso di laurea, invece, il problema era la disparità di punteggi minimi di ammissione. Poiché il test era unico a livello nazionale, ma le graduatorie erano diverse per ogni ateneo, in alcune città vi erano studenti che entravano con punteggi molto più bassi rispetto ad altre città, creando quindi una disparità, talvolta anche di molti punti. Quindi per evitare che, per esempio, a Milano restasse escluso uno studente che totalizzava 50 punti e a Roma ne entrasse uno con 42, il Ministero ha deciso di unificare le graduatorie.

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Il secondo avvenimento riguarda il tema dei ricorsi: tanti ne sono stati presentati, tanti ne sono stati vinti, tantissimi si sono immatricolati. A conti fatti si parla di circa 10mila studenti entrati con il test e di 5.000 entrati con il ricorso, ovvero il 50% in più. Sorge a questo punto una domanda: ci sono troppi studenti? Il numero chiuso serve oppure no? E poi cosa succederà?

Abbiamo deciso di curiosare all’interno della più grande università italiana, la Sapienza di Roma, per vedere cosa sta succedendo.

Da un punto di vista prettamente logistico, al primo anno di lezione più o meno tutti trovano posto a sedere, anche se qualche volta ci sono studenti in piedi o per terra. Più complicate sono alcune lezioni presso i laboratori di anatomia che hanno a disposizione pochi posti, ma si risolvono i problemi aumentando il numero dei gruppi di studenti. Le aule grandi del primo anno hanno certamente aiutato molto. Negli anni successivi, con l’inspiegabile “restringimento” delle aule sorgeranno certamente alcuni problemi (al secondo anno vari canali della Sapienza fanno lezione in aule con capienza 120 posti nonostante, da anni, gli immatricolati siano di più con conseguente carenza di posti a sedere/tavoli).

Gli esami si sono svolti più lentamente, ma nulla di impossibile.

Altre Università, invece, hanno avuto seri problemi per l’ingente numero di studenti che si sono immatricolati in sovrannumero. Spicca l’Università di Napoli Federico II che, per mancanza di aule, ha posticipato l’inizio delle lezioni. Nel panico generale, gli esami si stanno svolgendo con lentezza e talvolta con l’utilizzo di nuove regole al fine di evitare la cosiddetta “botta di fortuna” e ridurre quindi il numero dei presenti agli esami.

La convivenza

Ma come vivono tutto questo gli studenti? Ci sono dei risentimenti da parte dei “regolari” nei confronti dei “ricorsisti”? Ne abbiamo parlato con alcuni studenti del primo anno. Mi fanno, in tanti, notare che su facebook è stata pure creata la pagina “il ricorsista di medicina di m….da”, giusto per introdurre i commenti a seguire.

Da una serie di interviste, abbiamo potuto capire che alcuni dei ragazzi entrati con i ricorsi si sentono “diversi”, altri si sentono come se non si meritano quel posto e si vergognano quindi tendono a mantenere nascosto questo fatto, spesso per paura – giustificata – di venire emarginati dal gruppo. La maggior parte, comunque, ritiene di essersi guadagnato quel posto e di meritarlo.

Federico, 21 anni, è entrato grazie ad un’ordinanza del Tar del Lazio. Era la terza volta che provava. Aveva fatto l’articolo 6 per due anni e ora si ritrova iscritto al secondo anno. “A me non frega nulla di quello che pensano gli altri. Nel mio canale tutti sanno che non sono entrato con il test. Tutti sanno che ho studiato molto, che ho preso voti alti agli esami e nessuno, sinceramente, mi ha mai detto nulla. Forse qualcuno lo pensa, ma ad oggi esco normalmente con i miei compagni di corso e siamo amici”.

L’atteggiamento, però, è molto diverso tra gli studenti del primo anno, in cui si evidenzia un altro genere di sentimento. Giulia e Mattia, entrambe matricole, ci dicono che “non è giusto che queste persone siano entrate pagando, grazie ad un cavillo legale. Inoltre già a lezione siamo tantissimi, cosa succederà quando dovremo andare in reparto per fare tirocinio e la tesi?”

Non molto differente la situazione all’Università di Milano dove abbiamo chiesto a Michele cosa ne pensa. Lui è un ragazzo entrato al secondo tentativo superando il test. Secondo lui “è impensabile che abbiano fatto entrare tutti quanti, senza una minima regola, senza una logica. Io ho sofferto per un anno perché non ero entrato per meno di un punto e ora mi ritrovo in corso con persone che hanno totalizzato 20 punti. La ritengo un’offesa per me e per tutti quelli che hanno studiato e superato il test”.

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Il problema enorme, a nostro avviso, però è stata l’ultima decisione del Ministro in tema di ricorsi. Visto che non era possibile da un punto di vista legale immatricolare tutti gli studenti ricorrenti distribuendoli equamente sul territorio nazionale, il Ministro ha deciso di immatricolare i ricorrenti nella sede da loro scelta come prima opzione.  Una decisione incresciosa che va ad umiliare tutti gli studenti entrati col test.

Come ci spiega Martina, studentessa del nord, immatricolata a Roma “io ho totalizzato un punteggio basso, ho studiato quanto ho potuto ma non sono riuscita ad entrare nella mia città e per inseguire un mio sogno mi sono dovuta trasferire. Vivo in una casa che cade a pezzi, pagando 500€ di affitto mensili e ho una marea di disagi, oltre a sentire la mancanza della mia famiglia, delle mie cose e del mio ragazzo rimasto al nord. Quello che mi fa veramente arrabbiare è che ora ci sono dei ragazzi che non solo sono entrati a medicina con punteggi bassissimi, senza sacrificare mesi di studio, ma sono pure entrati nella loro sede di prima scelta, andando paradossalmente a superare altri studenti, come me. Ci sono alcuni miei amici che al test hanno totalizzato 10 o 20 punti, che hanno pagato un avvocato e ora studiano nella loro bella città, mentre io, 20 punti in più, entrata superando il concorso, sono a 600km da casa!!”

Di storie come questa ne abbiamo sentite tante. In alcune università, inoltre si stanno formando dei gruppi ben distinti: gli iscritti regolari e “i ricorsisti”, nuovo termine coniato per distinguere i ricorrenti, come segno discriminativo e dispregiativo.

Alcuni studenti ricorsisti, infatti, talvolta sbeffeggiano gli studenti entrati regolarmente alludendo ad una presunta maggiore intelligenza loro che si sono immatricolati a medicina senza studiare molto ed avendo ottenuto un punteggio inferiore. Da qui si è generato, ovviamente, l’odio verso questa categoria.

Abbiamo provato a chiedere un’opinione in merito ad un gruppo abbastanza numeroso di studenti del primo anno della Sapienza, tutti entrati superando il test, ma inizialmente hanno evitato di rispondere, successivamente hanno iniziato ad inveire verbalmente contro i ricorsisti.

Non da ultimi, si sono sollevate numerose proteste anche da parte degli insegnanti e dai presidenti dei corsi di laurea. L’insufficienza delle aule, dei posti a sedere e dei problemi che seguiranno con gli anni hanno preoccupato non poco la maggior parte dei consigli di facoltà. Tra le tante leggende che ormai girano sull’argomento, quella più realistica potrebbe essere quella di cercare di scremare il più possibile gli studenti abbassando i voti e aumentando i bocciati. Insomma la vecchia selezione sul campo che si faceva fino a venti anni fa. Stiamo quindi tornando indietro? Il numero chiuso si potrà togliere?

Dopo la Laurea in Medicina, la Specializzazione

Il vero problema, ad avviso dello scrivente e di altri studenti di medicina degli ultimi anni, sarà l’imbuto del post laurea.

Adesso, infatti, ci troviamo davanti una situazione molto triste. A fronte di circa 9000 laureati annui, il governo stanzia circa 5000 borse per le scuole di specializzazione. Ciò significa che ogni anno rimangono fuori circa 4000 studenti che non possono lavorare, né specializzarsi. Con la riforma del concorso per le scuole di specializzazioni rischiamo di trovarci di fronte ad un altro test di ammissione con migliaia di esclusi. Se ragioniamo, infatti, in termini numerici e, per ora, solo ipotetici, se al primo anno sono rimasti esclusi 4000 studenti , questi riproveranno il test per le specializzazioni l’anno successivo a cui si aggiungeranno i neolaureati, altri 9000 studenti, più gli stranieri più coloro che vogliono cambiare specializzazione per un totale di circa 15mila candidati. I posti disponibili? Poco meno di 6000. E quindi di nuovo la conta per l’anno successivo. 9mila esclusi più 10mila neo laureati più quelli che vogliono cambiare: 20mila candidati . E così via fino al 2020 (6 anni da oggi) dove si presume potrebbero laurearsi in 15mila con un numero enorme di candidati esclusi ai test precedenti.

La conclusione di questo ragionamento è alquanto ovvia. Purtroppo il governo non ha sufficienti fondi per creare sufficienti borse per tutti e quindi, a meno di grandi cambiamenti nel prossimo futuro, la situazione non è rosea come si potrebbe pensare.

Alla fine ci rimane solo una domanda: il numero chiuso è giusto? È utile?

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