Università Italiana: come leggere i Ranking internazionali?

Recentemente è stata pubblicata e resa nota sulle varie testate la nuova edizione della classifica prodotta dalla Università Jiao Tong di Shanghai, che non trova nessun ateneo italiano tra i primi 150 al mondo; sei atenei si collocano tra il 150mo e il 200mo posto (in ordine alfabetico: Bologna, Milano, Padova, Pisa, Roma Sapienza, Torino), mentre tra le prime 500 le università italiane sono 21 (alla pari con le francesi): un numero alto e – se si vuol dare credito alla classifica – nel complesso lusinghiero.

Tuttavia quel che bisogna comprendere quando si leggono i risultati di tali classifiche è principalmente quali sono stati gli indici utilizzati per stilare le graduatorie e, in secondo luogo, comprendere le finalità della statistica stessa: nello specifico l’obiettivo della Jiao Tong era e resta fin dall’inizio (2003) quello di individuare la posizione delle università cinesi nel contesto internazionale e al contempo di offrire qualche orientamento al gran numero di studenti che ogni anno vengono inviati a studiare all’estero. In effetti uno degli indicatori utilizzati per valutare la qualità della didattica (incidendo addirittura perun quinto sul ranking complessivo in quanto indicatore di prestigio del corpo docente) è il numero di premi nobel “usciti” dall’università. Non è sbagliato pensare che valutare per un quinto la qualità della didattica su un fattore così parziale forse rende la classifica leggermente falsata: sono dati più concreti – il numero di iscritti, gli abbandoni, la regolarità degli studi, la qualità della ricerca, il rapporto tra finanziamenti disponibili e risultati conseguiti, tanto per citarne alcuni – che conviene tener d’occhio e sui quali impostare strategie di miglioramento.

A livello internazionale conosciamo altri Ranking ch eogni anno fanno discutere l’oipinione pubblica, influendo sulla percezione delle singole istituzioni e del sistema nel suo complesso. Alcuni, come ad esempio il noto QS, attribuiscono molto peso al fattore reputazionale, cioè di fatto a un sondaggio tra addetti ai lavori. Altri, come il Times Higher Education, ricorrono ad un paniere più articolato di indicatori. L’Unione Europea ha deciso di intervenire promuovendo la creazione dello U Multirank (http://www.u-multirank.eu), che invece di produrre una hit parade unica offre la possibilità di confrontare i profili degli atenei in diversi settori di attività (ricerca, trasferimento tecnologico, orientamento internazionale, collaborazione regionale). L’obiettivo è quello di spostare l’attenzione dalle classifiche ai dati, e la piattaforma, varata da poche settimane, raccoglie in effetti dati interessanti e più analitici. È presto però per dire quale sarà l’impatto complessivo dell’iniziativa, ma intanto neppure il Multirank ha resistito alla tentazione di offrire qualche classifica parziale, per settore.

fonte: il sole24ore del 27/08/2014